Una storia dilettevole della musica by Guido Zaccagnini

Una storia dilettevole della musica by Guido Zaccagnini

autore:Guido Zaccagnini
La lingua: ita
Format: epub
editore: Marsilio
pubblicato: 2022-09-18T04:24:40+00:00


* * *

* Patrick Piggott, The Life & Music of John Field, Faber and Faber, London 1973, pp. 97-98.

Camille Saint-Saëns

Tedesco no… solo un po’ duro di cervello

Parigi, 9 ottobre 1835

Algeri, 16 dicembre 1921

Di che cosa non si occupò Camille Saint-Saëns? Studiò botanica e geologia, divenne un esperto di lepidotteri, fu membro della Società Astronomica di Francia passando ore, notti intere, a scrutare le stelle con il proprio telescopio, si addentrò nei meandri delle scienze occulte: per passare però alla storia come compositore, pianista e organista.

Inizio dalla fine. La Francia conta una tradizione organistica di altissimo livello, protrattasi dal Seicento sino al XX secolo: da François Couperin, a Jean-Philippe Rameau, da César Franck a Camille Saint-Saëns. Quest’ultimo lavorò in diverse chiese parigine e, dal 1857 al 1877, alla Madeleine: uno dei luoghi di culto più importanti di Parigi, imponente tempio neoclassico situato a un paio di centinaia di metri da place de la Concorde e dotato di un organo gigantesco. [Scheda a p. 257] Su questa tastiera Saint-Saëns si dilettò spesso in performances attraverso le quali esibire anche in improvvisazioni estemporanee le proprie capacità contrappuntistiche. Anche in virtù di tali esibizioni fu da Liszt definito «il più grande organista del mondo»; altresì, si fece la fama di compositore austero, severo, persino pesante. Non per caso una giovane donna, in vista del proprio matrimonio, lo pregò di non suonare Fughe durante la celebrazione delle nozze, e un’altra promessa sposa gli chiese di suonare invece marce funebri in quanto le sarebbe piaciuto piangere durante la cerimonia nuziale ma, non essendo particolarmente incline alla commozione e al tempo stesso propensa a emozionarsi all’ascolto di determinate musiche, contava sui suoni dell’organo perché al momento opportuno le sgorgassero lacrime dagli occhi: quasi a comando. Che Saint-Saëns privilegiasse per i suoi concerti ecclesiali brani di notevole complessità formale è certo; così come lo è che nella mondanissima Parigi del Secondo Impero dilagassero le Operette di Jacques Offenbach. Fu così che un giorno uno dei vicari parrocchiali pensò bene di suggerirgli un cambiamento di repertorio. «Mi disse che il pubblico della Madeleine era composto per lo più da gente facoltosa che frequentemente assisteva agli spettacoli dell’Opéra-Comique e che si era formata un gusto musicale che avrebbe dovuto essere rispettato. “Monsieur l’abbé”, risposi, “quando udrò dal pulpito il linguaggio dell’opéra-comique, suonerò musiche ad esso appropriate. Non prima!”»1. In effetti, aveva le sue ragioni.

Organo ma anche pianoforte: sia in veste di esecutore sia in quella di compositore. Da un lato, continuamente impegnato a girare in lungo e in largo il mondo per le sue tournées concertistiche (arrivò a esibirsi persino in Vietnam); dall’altro, autore di decine di opere per strumento a tastiera (pianoforte, armonium, organo) tra le quali spiccano i cinque Concerti per pianoforte e orchestra. Saint-Saëns intrattenne una lunga relazione artistica con Beethoven: esibendosi a cinque anni nell’accompagnare al pianoforte una Sonata per violino del compositore tedesco, poi trascrivendone brani dalle musiche di scena delle Rovine di Atene, realizzando la Cadenza del suo Concerto per pianoforte e orchestra n. 4 e infine componendo le Variazioni su un tema di Beethoven op.



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